Cenni storici
Una collina al servizio dell'uomo
STORIA
Preistoria, paleoveneti e romani
Alla preistoria risalgono le prime tracce di frequentazione umana del Montello, testimoniata da antichi manufatti, rinvenuti soprattutto verso il Piave, ma anche in alcune stazioni d’altura.
In seguito (età del Ferro, dal IX al II sec. a.C.) si evolve in Veneto la cultura paleoveneta, che ha in Montebelluna uno dei suoi centri principali. Quale ruolo avesse il Montello all’epoca non ci è dato sapere, ma pare che il montebellunese facesse parte di una importante direttrice commerciale che univa i territori montani alla pianura.
Alcuni dischi votivi (bronzi lavorati a sbalzo raffiguranti figure di sacerdoti), rinvenuti nell’area del Montello, sono oggi custoditi nel museo archeologico di Treviso. Questi reperti indicano la probabile esistenza di un luogo di culto significativo, di cui però non conosciamo l’esatta posizione.
Il Montello entrò sotto l’influenza romana nel II secolo. All’epoca, le foreste erano molto estese e il Montello faceva parte della cosiddetta “selva Fetontea” di cui il suo bosco è stato l’ultima parte a scomparire.
Nel periodo medievale, il Montello viene menzionato in un documento del 994, in cui il colle è elencato tra le proprietà concesse dall’imperatore Ottone III a Rambaldo. Questo documento lascia intendere che, almeno formalmente, il colle fosse considerato una proprietà imperiale.
Il Rambaldo in questione apparteneva alla famiglia dei Collalto, un potente casato feudale in ascesa, rappresentante del potere imperiale a Treviso e in questo strategico tratto del Piave.
Medioevo: Feudatari e comuni
La famiglia Collalto è anche responsabile della fondazione dell’Abbazia benedettina di Sant’Eustachio a Nervesa nell’XI secolo, di cui si possono vedere le immagini nel video sopra.
Nel Medioevo, oltre ai Collalto, anche il vescovo di Treviso deteneva il controllo sul Montello.
Intorno al 1200, il Montello era parte del contado di Treviso e, nel 1300, compaiono i primi segni di uno sfruttamento organizzato del bosco, insieme alle prime sanzioni per il furto di legname.

L’attenzione alla gestione del bosco aumentò notevolmente dopo il 1339, soprattutto dal 1450 circa, quando Venezia estese i suoi domini a questa parte della terraferma.
Sotto il controllo della Repubblica, il Montello divenne parte di una rete di foreste gestite in modo organizzato per rifornire di legname l’industria navale veneziana. Dal Montello provenivano le querce per la parte emersa delle navi, mentre le farnie delle pianure erano usate per la parte sommersa, le conifere dei boschi cadorini per gli alberi delle navi, e i faggi del Cansiglio per i remi. Grazie a una gestione sostenibile, la foresta del Montello fu sfruttata per 300 anni senza impoverirsi.
La Repubblica di Venezia utilizzava la manodopera locale per il lavoro nei boschi, concedendo agli abitanti alcuni diritti di sfruttamento, come la raccolta di ghiande, foglie e rami. Tuttavia, era inflessibile sul furto di legname, fondamentale per la sua economia. Di conseguenza, aumentò le sanzioni, intensificò i controlli, arrivando persino a espellere le famiglie residenti sul colle e, alla fine del Cinquecento, a recintare l’area.
Il declino della Repubblica alla fine del XVIII secolo coincise con quello del bosco e con l’impoverimento della popolazione locale.
L’eredità più duratura della dominazione veneziana rimane nell’architettura. Importanti dimore, costruite come residenze per il periodo estivo e dotate di aziende agricole, sono giunte fino a noi, arricchendo ulteriormente il territorio del Montello.
Il XV secolo: La repubblica di Venezia e le ville venete
Le Ville Venete, simboli della ricchezza e del prestigio della nobiltà veneziana nelle aree circostanti, comprendono:
Villa Sandi – Situata a Crocetta del Montello, risalente al XVIII secolo, questa villa rappresenta un raffinato esempio di architettura palladiana ed è nota anche per le sue storiche cantine vinicole.
Villa Manin Giacomelli – Situata a Ciano del Montello, è una villa veneta del XVIII secolo, circondata da un parco che regala una splendida vista sul paesaggio circostante.
Villa Loredan Gasparini – Situata a Venegazzù di Volpago del Montello, testimonia l’influenza della nobiltà veneziana nella zona, con la sua elegante architettura e il parco che ne esalta la bellezza.
Barchessa Loredan – Anch’essa a Volpago del Montello, faceva parte del complesso della Villa Loredan. Oggi ospita un’azienda vinicola e viene utilizzata per eventi culturali, mantenendo intatto il suo fascino storico.
Villa Wassermann – Situata a Giavera del Montello e costruita nel XVIII secolo, è caratterizzata da un elegante giardino all’italiana e interni decorati.
Villa Pisani – Ai piedi del Montello, a pochi passi dal centro di Montebelluna, questa villa del XVI secolo è un notevole esempio di architettura veneta, con un ampio parco e interni riccamente decorati, rappresentando una meta imperdibile per chi visita la zona.

All’inizio del XIX secolo, sotto la dominazione austriaca, la tensione tra le autorità, che cercavano di proteggere il bosco demaniale, e la popolazione del Montello cresceva. Gli abitanti, spinti dalla povertà e sostenuti da antiche tradizioni, continuavano infatti a usufruire delle risorse della selva. In questo contesto, i rappresentanti locali appoggiavano i “bisnenti” (i più poveri), consapevoli della loro situazione critica e del rischio di rivolte.
Dai documenti dell’epoca emerge come i furti di legname fossero ben organizzati, compiuti da boscaioli in squadre, con il supporto della comunità locale.
Nel 1866, con l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, il degrado del bosco era evidente.
Basti pensare che nel 1586 Giacomo Giustinian stimava la presenza di 11 milioni di roveri, ridotti a meno di 1.700.000 nel 1867.
Il XIX secolo: gli austriaci e il Regno d’Italia
In una relazione del 1874, si stima che sul Montello vivessero circa 3.000 persone, la cui unica attività era il saccheggio del bosco. I documenti le descrivono con termini severi, come ladri e derelitti, ma queste valutazioni riflettono solo il punto di vista degli amministratori e non forniscono alcuna idea di come queste persone percepissero la loro condizione.
Nel 1892, per cercare di risolvere la situazione critica, il Montello fu sdemanializzato e suddiviso in lotti, metà dei quali venduti a privati e l’altra metà distribuiti a oltre 1.220 famiglie indigenti.
Questa riorganizzazione, conosciuta come “Riforma Bertolini” dal nome del suo promotore, non riuscì però a trasformare i boscaioli in agricoltori. I nuovi proprietari, spesso lasciati senza supporto, raramente riuscirono a rendere produttivi i loro terreni; molti vendettero le quote, altri emigrarono, abbandonando il luogo che per generazioni era stato il loro mondo.
All’inizio del Novecento, sul Montello era iniziata la lenta trasformazione in area agricola, un processo che venne bruscamente interrotto dalla guerra. Negli ultimi anni della Prima Guerra Mondiale, il fronte arretrò fino a stabilirsi lungo la linea Piave – Montello.
La popolazione fu costretta a lasciare case e campi, diventando profuga. Le necessità belliche portarono a nuovi e massicci abbattimenti di alberi, e le violente battaglie che seguirono ridussero il territorio a un deserto.
Il XX secolo: Le guerre mondiali
Dopo la guerra, la robinia comincia a diffondersi sempre di più, diventando l’essenza arborea prevalente.
Dalla fine della seconda guerra mondiale si verificarono nuovi cambiamenti, poiché la ricostruzione e l’espansione delle industrie generarono trasformazioni economiche e sociali, rendendo l’agricoltura un’attività secondaria per molte famiglie. Queste ultime spesso scelsero di lasciare la collina per trasferirsi nella pianura sottostante, che era più comoda e meglio fornita di servizi.

La trasformazione della pianura, sempre più popolata e industrializzata, caratterizzata dalla diffusione di un sistema agricolo che ha portato all’impoverimento dell’ambiente, rende ancor più cruciale il rispetto della natura del Montello e delle leggi che la proteggono. Proprio da questa area potrebbe iniziare un nuovo processo di espansione per gli elementi della flora e della fauna che sono riusciti a conservarsi. Infatti, il Montello è un esempio di biodiversità.
Il riconoscimento dell’unicità del Montello e dell’importanza delle sue caratteristiche naturali ha portato alla sua inclusione nella rete europea di aree protette nota come “Rete Natura 2000”.
Dopo l'inserimento della vicina zona del Valdobbiadene-Conegliano Prosecco DOCG nel patrimonio UNESCO, si può sperare che anche questa terra speciale e particolare venga riconosciuta a breve.
Un aspetto su cui poniamo particolare enfasi è l’attenzione secolare rivolta al bosco, che è stato a lungo il centro dei conflitti e l’elemento economicamente più rilevante.
Molte persone, quando pensano al Montello, associano ancora oggi l’idea al bosco, mentre altri ambienti tendono a essere trascurati e la loro importanza rimane in secondo piano. Tra questi vi sono le piccole sorgenti, gli stagni e i prati, che sono elementi essenziali per la biodiversità.
La compresenza di diversi ambienti, con le aree di transizione tra di essi, crea una condizione favorevole per un gran numero di specie, che il solo bosco, il solo prato o i soli stagni non sarebbero in grado di sostenere.
Oggi è fondamentale prendere coscienza del loro valore e della loro importanza.