Geomorfologia
Dalle origini ad oggi
NATURA
Francesco Ferrarese, Ugo Sauro
Un colle subalpino speciale
Il Montello è un rilievo caratterizzato da aspetti unici all’interno del contesto delle colline subalpine.
Grazie alla sua particolare conformazione, lo si potrebbe paragonare a un enorme carapace di tartaruga che emerge dalle alluvioni dell’alta pianura veneta.
Anche il nome “Montello” sottolinea l’unicità di questo largo colle massiccio, che si pone in posizione avanzata rispetto agli altri colli subalpini.
Il Montello, per via della compattezza che si esprime nell’ampiezza laterale dei suoi profili, non appare né come un colle simile a quelli che delimitano l’alta pianura verso monte, caratterizzati da dorsali, né come un vero monte, dato che l’altezza è piuttosto modesta. Tuttavia, l’ampia estensione laterale gli conferisce la dignità di “piccolo monte” e quindi di “Montello”.
Ha una forma elissoidale allungata lungo l’asse WSW-ENE per circa 13 km e si estende perpendicolarmente a tale asse per circa 5 km.
La sua superficie misura quasi 60 km².
Il colle raggiunge l’altitudine massima di 369 m s.l.m. vicino a S.M. della Vittoria, situata a ovest del suo “baricentro”, mentre l’altitudine media è di 208 m s.l.m., con un’elevazione di circa 100 m rispetto alla pianura circostante.
Il volume del rilievo che emerge dalla pianura può essere stimato in 6 miliardi di m³. Le pendenze del colle non risultano particolarmente elevate all’interno della sua superficie, ma aumentano ai margini dell’altopiano, soprattutto nelle zone nord ed est, dove il limite del rilievo è marcato da scarpate di erosione fluviale ancora attive.
Una giovane montagna che sta crescento
Questo basso monte a “dorso di balena” rappresenta una manifestazione marginale del fenomeno legato all’orogenesi alpina. La catena delle Alpi si è formata in seguito alla collisione tra l’Africa e l’Europa, ossia tra le grandi zattere di rocce sialiche acide che costituiscono i continenti e che, essendo relativamente leggere, galleggiano sulle rocce basiche del mantello sottostante.
Questo scontro è tuttora in corso e causa fenomeni sia di rigonfiamento sia di incurvamento verso il basso della superficie terrestre.
La Pianura Padana, ad esempio, è una vasta depressione che tenderebbe ad approfondirsi se i fiumi, attraverso i loro depositi, non continuassero a riempirla.
Le Alpi, invece, sono una struttura complessa composta da lembi di crosta che si sono piegati e impilati l’uno sull’altro, formando una catena montuosa.
Il Montello è l’ultimo rilievo nato lungo il margine meridionale della catena, un “monte giovane” in crescita. La sua forma deriva da processi che si verificano all’interno della crosta terrestre e che la modificano costantemente, noti come processi endogeni o tettonici. Per questo motivo, il Montello può essere definito una forma tettonica o, più precisamente, una “morfostruttura”.
Dal punto di vista strutturale, i vecchi autori lo avevano descritto come una “dorsale anticlinale”, ossia una dorsale formatasi a seguito di un fenomeno di ripiegamento degli strati geologici, che appaiono incurvati con la convessità rivolta verso l’alto.
Le ricerche più recenti, tuttavia, hanno evidenziato che il Montello corrisponde al “dorso” di una struttura geologica definita “pop-up”: una sorta di cuneo delimitato da faglie inverse convergenti verso il basso sia sul lato nord-occidentale che su quello sud-orientale e che, spinto dalle forze tettoniche, viene progressivamente sollevato.
Queste stesse forze hanno determinato anche la piegatura degli strati, con una lieve inclinazione verso sud nel settore meridionale e una leggera immersione verso nord in quello settentrionale.
La morfostruttura del Montello risulta inoltre complicata dalla presenza, sul lato meridionale, di un’unità conglomeratica più recente, risalente al Pleistocene, che poggia in discontinuità su una superficie erosiva che attraversa l’unità conglomeratica più antica. A questa unità si associa una morfologia differente, caratterizzata dall’assenza di doline e dalla presenza di frequenti incisioni torrentizie.

L'influenza del fiume Piave
Il rilievo, formato dai processi tettonici e progressivamente emerso dalla copertura alluvionale, si è trovato a dover fronteggiare alcuni antagonisti.
Poiché il sollevamento si verifica in un contesto pianeggiante attraversato da grandi fiumi, la morfostruttura è stata immediatamente “attaccata” da uno di questi, deciso a “difendere” il proprio corso.
In questo caso, il primo antagonista è stato il fiume Piave.
È così iniziata una particolare competizione tra il rilievo e il fiume, durante la quale quest’ultimo ha lasciato sul rilievo evidenti tracce della sua “aggressione”.
Nell’area del Montello è possibile distinguere diversi tipi di forme fluviali, tra cui:
altopiani di spianamento;
terrazzi di spianamento;
valli incastonate nel rilievo in sollevamento, definite “valli antecedenti” poiché il fiume che le ha generate esisteva già prima della formazione del rilievo in cui sono state incise;
alvei attivi di spianamento roccioso, parzialmente nascosti da coperture alluvionali discontinue.
L’altopiano sommitale del Montello, in particolare, può essere considerato un altopiano di spianamento che, per un certo periodo, è stato modellato dal corso del fiume, fino a quando il rilievo è riuscito a emergere e a prevalere sull’azione “ostruzionista” del fiume stesso.








Se il rilievo sorge con relativa lentezza e la corrente fluviale è energica e trasporta detrito grossolano, come è il caso dei corsi d’acqua dell’alta pianura, il fiume è in grado di erodere il rilievo, livellandolo. Durante le piene, la corrente trascina depositi sabbiosi e ciottolosi, i quali vengono usati come strumenti per abradere la roccia sottostante. Il corso d’acqua tende a colmare con i suoi depositi eventuali depressioni create dalla sua stessa azione erosiva. Nei momenti di forte energia rimette comunque in movimento i medesimi depositi erodendo soprattutto le protuberanze del letto in roccia. Nell’insieme, i materiali alluvionali vengono fatti “transitare” dall’azione del corso d’acqua, senza venire deposti in modo permanente, ed utilizzati come una sorta di pialla. Ne consegue che se il fiume ha l’opportunità di divagare nell’intera area dove i processi tettonici tendono a generare un rilievo, tale rilievo può non farcela ad esprimersi, a causa dell’azione di “spianamento” del fiume.
A nord del rilievo del Montello, nel tratto di alveo situato a sud dell’Isola dei Morti, il Piave sta attualmente creando una superficie di spianamento roccioso che affiora localmente tra le coperture alluvionali, come si può osservare sul greto del fiume nei pressi di Campagnole di Sopra, poco a nord-ovest della grotta sorgente del Tavaran Grando.
Quando però il fiume erode solo una parte del rilievo emergente, alcune porzioni delle superfici di spianamento fluviale possono venire sollevate, trasformandosi in altopiani o terrazzi di spianamento.
Di conseguenza, le diverse forme del paesaggio si originano proprio dalle interazioni tra gli episodi di sollevamento e i processi erosivi del fiume, che agiscono sia in direzione laterale sia in direzione verticale.
Subito dopo l’abbandono del solco di Biadene, il fiume sembra aver creato la superficie di un stretto terrazzo sul margine settentrionale del colle, terrazzo che si espande nell’angolo nord-est, dove risulta profondamente carsificato. È probabile che il fiume abbia esercitato un’erosione laterale in una massa rocciosa già carsificata, dove le doline si sono prontamente riaperte.
Di difficile interpretazione resta, invece, il carattere della superficie della Collina di Montebelluna, che non sembra essere correlabile con alcuno dei terrazzi.
Il fiume ha così incastrato il suo corso, incidendo nel settore occidentale del rilievo una “valle antecedente”, oggi conosciuta come “solco di Biadene”. Durante la formazione di questa valle si sono alternate fasi in cui il corso d’acqua ampliava il suo fondovalle, livellandolo, e fasi in cui il fiume ne aumentava la profondità. Un fondovalle livellato si trasformava in un terrazzo fluviale di spianamento.
A causa della deformazione tettonica, il fiume ha progressivamente spostato il suo corso verso ovest, scavando una valle antecedente fortemente asimmetrica. La scarpata del versante destro, esposta ad est della collina di Montebelluna, detta Capo di Monte, ha un’altezza superiore ai 60 m, mentre il versante sinistro presenta una gradinata di sette terrazzi che si sviluppa su un dislivello di oltre 190 m, arrivando quasi a congiungersi con l’altopiano sommitale.
Il solco di Biadene non è però una valle antecedente attiva, poiché il fiume l’ha abbandonata, deviando il suo corso verso est, dove lambisce il margine settentrionale del colle.
La corrosione carsica
Dove la roccia è solubile, l’acqua allarga pian piano le fessure creandosi delle vie di penetrazione e di deflusso sotterraneo. Alcune di queste vie vengono allargate da correnti d’acqua e si evolvono come condotte o gallerie abbastanza ampie da poter essere penetrate dall’uomo.
È quello che è successo sull’altopiano e sui terrazzi del Montello dove la roccia è un conglomerato formato da ciottoli costituiti per la maggior parte da calcari e dolomie saldati da un cemento calcitico, i quali sono debolmente solubili in acqua. Nel tempo l’acqua, che inizialmente scorre in superficie modellando delle piccole valli, si allarga una rete di cavità sotterranee che le permettono di penetrare in profondità e di accumularsi all’interno della compagine rocciosa a costituire dei particolari “serbatoi sotterranei”.
Viene detta “epicarso” la zona più superficiale dove nell’ambito della massa rocciosa c’è un volume percentualmente significativo di vuoti diffusi, creatisi in seguito all’attacco di acque arricchite di anidride carbonica provenienti dal suolo. Durante le precipitazioni intense l’epicarso si satura temporaneamente di acqua che ben presto cede verso il basso. In questa zona idrologica, l’acqua non si muove soltanto in senso verticale ma anche lateralmente in seguito al richiamo esercitato dalle principali vie di “penetrazione” verso il basso. Dove l’acqua penetra con maggiore facilità verso il basso, c’è richiamo di acqua dai lati e la roccia viene a contatto con maggiori quantità d’acqua e la quantità percentuale di roccia disciolta aumenta.
In altre parole, dove all’interno della compagine rocciosa passano maggiori quantità d’acqua viene sciolta anche più roccia e quindi nella superficie immediatamente sovrastante tende a formarsi una depressione ad imbuto. Questa conca chiusa è l’espressione morfologica di un processo idrologico che caratterizza l’evoluzione dell’epicarso. Se riempissimo una vaschetta di sabbia e poi creassimo dei fori sul fondo del recipiente, nella superficie della sabbia, al di sopra dei fori, si formerebbero degli imbuti. Il processo che porta all’individuazione delle depressioni è detto di “corrosione accelerata”, in quanto consiste in un’asportazione relativamente veloce di roccia sotto forma di soluzione acquosa ionica a spese dei volumi rocciosi maggiormente interessati dal deflusso idrico.
Le conche chiuse che si formano in seguito a questo processo sono dette doline (si veda la scheda relativa), e precisamente doline di soluzione normale o anche doline di richiamo d’acqua (“draw-down dolines”, in Inglese). Queste doline costituiscono le strutture più caratteristiche dell’epicarso che è per la maggior parte invisibile (in realtà lo si può vedere in sezione nell’ambito di cave o di sbancamenti).
Le doline sono quindi forme risultanti da processi idrologici, le quali hanno una parte visibile come forma superficiale e una parte non visibile, perché mascherata dai riempimenti, o di collegamento con l’epicarso, che con le doline è strettamente collegato.
Le doline
Le doline carsiche sono delle conche chiuse con una forma in pianta circolare o ellittica, e una forma tridimensionale che può ricordare un imbuto, una ciotola o un piatto.
Le doline sono le forme più caratteristiche del rilievo carsico, nel cui ambito sostituiscono la rete di valli e di dorsali interposte tipiche del rilievo creato dai corsi d’acqua.
Il Montello rappresenta un laboratorio naturale ideale per comprendere come si evolvono le doline.
Infatti, esso si presenta butterato da un grande numero di queste conche chiuse: oltre 2000. Inoltre, vi si distinguono superfici di spianamento fluviale che sono esposte agli agenti atmosferici da tempi diversi. Infatti le superfici più vecchie sono in ordine: l’altopiano orientale, l’altopiano centro-occidentale, i terrazzi del versante orientale del solco di Biadene, dal più alto al più basso, il fondo del solco di Biadene e, infine, le superfici di spianamento nell’ambito dell’alveo attivo del Piave.
Da uno sguardo alla morfologia del Montello si può rilevare come non siano riconoscibili doline nell’ambito delle tre superfici più recenti (alveo del Piave, fondo della paleovalle di Biadene e primo terrazzo ad est di questa), mentre le doline compaiono a partire dal secondo terrazzo.
I caratteri delle doline dei vari terrazzi permettono di definire una sequenza evolutiva di queste forme. Sui 6 terrazzi con doline ci sono oltre 800 conche chiuse. Sono pertanto distinguibili 6 diverse popolazioni, una per ciascun terrazzo, con numeri di individui variabili tra un minimo di oltre 50 sul IV terrazzo e un massimo di oltre 300 sul V terrazzo.
Se sulla base dei caratteri morfometrici medi delle sei popolazioni si individua la forma “media” o “tipo” di dolina per ciascun terrazzo. Da questi modelli si può notare come essi non esprimano una sequenza evolutiva semplice. Infatti, non si verifica né un ingrandimento progressivo delle dimensioni, né una costanza nella modifica di alcuni caratteri della forma. In ogni caso, trend riconoscibili sono sia un aumento progressivo del diametro, sia la comparsa e l’allargamento del fondo piatto.
A proposito di questa caratteristica presente in alcune doline tipo, si può ipotizzare che il fondo piatto sia il risultato di un parziale riempimento delle doline ad opera di sedimenti di suolo, soprattutto, da parte di argilla e di ciottoli derivanti dal conglomerato in seguito alla dissoluzione del suo cemento. Purtroppo nessuna dolina è stata sezionata da lavori di sbancamento e pertanto non sono visibili spaccati dell’epicarso del Montello. In doline nei calcari a fondo piatto il riempimento, dello spessore di parecchi metri, è in genere costituito da sedimenti di e da frammenti di calcare derivanti dalla degradazione dei versanti.
Sulle superfici più antiche, come sull’altopiano sommitale ed in particolare nel suo settore orientale, il progressivo allargamento delle doline ha spesso portato alla fusione di più depressioni semplici a costituire forme complesse. Queste conche carsiche più grandi sono state chiamate “doline multiple”, nei casi ove si riconoscono ancora parti delle doline originarie. Tuttavia, in alcune delle conche più grandi e profonde le doline iniziali non sono più riconoscibili.

Le grotte
L’evoluzione delle grotte del Montello ha risentito del progressivo sollevamento del colle e del conseguente abbassamento della tavola d’acqua che separa la zona satura da quella vadosa. Pur risultando influenzate da fattori locali, quali presenza di lenti e banchi di rocce impermeabili, molte grotte a sviluppo orizzontale si sono dapprima evolute in prossimità della tavola d’acqua anche in relazione alle oscillazioni di questa. Una delle grotte di più recente formazione è certamente il “Tavaran Grando”, il quale ha rappresentato sino al Pleistocene superiore una cavità della zona epi- satura che alimentava una sorgente di tipo valclusiano situata in corrispondenza dell’ingresso superiore della grotta. Il successivo abbassamento relativo del livello di base ha determinato l’instaurarsi di condizioni di tipo vadoso e l’apertura dell’ingresso inferiore del sistema.
Oltre alle doline nel Montello esistono forme fluviocarsiche come valli secche, valli cieche e valli chiuse. Se il Montello fosse costituito da rocce non carsificabili, il reticolo idrografico sarebbe molto più esteso e tenderebbe a conquistare anche le superfici poco inclinate dei terrazzi.
Una valle secca si presenta generalmente poco profonda e a fondo arrotondato e a priva di un corso d'acqua sul fondo. Valli secche si trovano sul versante meridionale del Montello.
Una valle cieca consiste in un solco percorso da un corso d'acqua, il quale finisce in un inghiottitoio a monte del quale c’è una contropendenza; la genesi di questo fenomeno è dovuta allo sviluppo di una cavità carsica sotterranea, in grado di assorbire le acque in corrispondenza dell’inghiottitoio; a monte di questo la valle ha continuato ad approfondirsi mentre il tratto di fondovalle situato oltre l’inghiottitoio, non più sottoposto ad erosione fluviale, è rimasti sopraelevato.
Esempio di valletta cieca è quella sul cui fondo si apre la grotta più nota del Montello: la Busa di Castel Sotterra. Abbiamo già visto come le doline di ricarica puntuale presentino analogie con le valli cieche. Una valle è chiusa se, per chi la risale, presenta un netto gradino alla cui base scaturisce una sorgente, che alimenta il corso d’acqua che percorre il fondovalle. Nel Montello un bell’esempio di valle chiusa è quello della Valle dell’Acqua presso Giavera del Montello, alla cui testata c’è la sorgente perenne del Forame, alimentata dal serbatoio carsico della zona satura.
In seguito al procedere della carsificazione alcune valli secche possono assumere il carattere di allineamenti di doline, come per molti dei valloni fluviocarsici del versante meridionale del Montello.

L'evoluzione continua
Il Montello è un piccolo monte vivo, in continua evoluzione, che è il risultato di una combinazione di processi di tipo endogeno, che modificano i caratteri della crosta terrestre, e di tipo esogeno, in grado di scolpire le forme del rilievo. Man mano che la tettonica tende a sollevare la dorsale i processi dell’erosione tendono, invece, a smantellarla. Le sculture create dai processi dell’erosione sono distinguibili in due categorie principali: sculture di tipo fluviale e sculture di tipo carsico. Mentre le prime hanno dimensioni dell’ordine di uno o più chilometri, le seconde hanno dimensioni fra le decine e le centinaia di metri. L’erosione non è soltanto responsabile della genesi di forme ma comporta una perdita di massa di tutto il rilievo e quindi un relativo abbassamento dell’intera superficie topografica. Sulla base del bilancio idrologico, cioè del calcolo della quantità d’acqua che defluisce nell’area del Montello, si può stimare che ogni anno vengano asportati circa 38 m3 di roccia per ogni chilometro quadrato, equivalenti ad uno spessore di 38 mm di roccia per ogni mille anni. Se questo valore di erosione chimica fosse rimasto costante nel tempo equivarrebbe a uno spessore di roccia di 38 m per ogni milione di anni, e pertanto ad un abbassamento erosivo dello stesso ordine di grandezza. Va tuttavia precisato che quest’erosione non si è esercitata soltanto in superficie ma anche in profondità e che sono state le sue variazioni spaziali nell’ambito della zona superficiale che hanno determinato la formazione delle doline, le quali identificano i luoghi di corrosione accelerata. Pertanto, data l’età recente del Montello, l’erosione carsica ha comportato un abbassamento della superficie topografica relativamente modesto forse non superiore a un centinaio di metri. Più significativa è stata invece l’erosione fluviale se il dislivello tra l’altopiano sommitale e l’alveo del Piave a nord è di oltre 200 m e pertanto l’erosione fluviale differenziale è stata di almeno 200 m e probabilmente dell’ordine di 400 m, per uno spessore totale di conglomerato eroso che potrebbe aggirarsi intorno ai 500 m, o forse più.
Una domanda che sorge spontanea da un’osservazione del Montello nel suo contesto geografico è perché il Montello si distingue in modo così evidente rispetto agli altri rilievi circostanti, rappresentando un unicum nell’ambito delle colline subalpine? La spiegazione sta probabilmente nella sua costituzione litologia e strutturale: è infatti modellato in una formazione conglomeratica potente, massiccia e poco fratturata, con intercalazioni argillose e con grado di cementazione decrescente con la profondità.
Un aspetto interessante dell’evoluzione del rilievo del Montello è che si riesce a cogliere le interrelazioni tra la deformazione tettonica e l’evoluzione delle forme erosive. Se ci fosse stato semplice sollevamento senza deformazione tettonica della morfostruttura, i vari terrazzi del versante orientale della depressione di Biadene dovrebbero presentare un’inclinazione verso sud e risultare con- vergenti pure verso sud. Invece le superfici dei terrazzi si presentano inarcate con curvatura più accentuata per i terrazzi più alti. Problema fondamentale per la comprensione della storia morfologica del Montello è quello della definizione del modello evolutivo della morfostruttura. La prima impressione che si ricava dall’analisi di questa è che il sollevamento sia avvenuto a ”scatti”, nei quali si sarebbero alternate fasi di relativa quiete tettonica con fasi di deformazione parossistica. Così, gli episodi di spianamento delle superfici dei sette terrazzi, più il fondo del solco di Biadene e l’alveo del Piave attuale, potrebbero corrispondere a 9 fasi di relativa quiete tettonica separate da 8 fasi di più rapido sollevamento e deformazione. È presumibile che la capacità di spianamento fosse maggiore quando il fiume era in grado di far transitare nell’ambito di un ampio alveo elevate quantità di sedimenti, senza tuttavia eccedere nella deposizione di questi.
Secondo un modello presentato da autori francesi nell’ambito di un “colle” in sollevamento pressoché costante, le fasi di spianamento dei terrazzi sarebbero correlabili con i momenti in cui il livello del mare era relativamente alto (simile all’attuale), mentre le fasi di incisione sarebbero avvenute in momenti in cui il livello del mare era più basso. Questo modello non tiene tuttavia conto del fatto che la dinamica dell’alta pianura veneta non sembra aver risentito in modo significativo delle oscillazioni del livello del mare, ma piuttosto delle vicende che hanno caratterizzato le valli alpine che stanno a monte, tanto che i grandi coni pedemontani sono stati costruiti soprattutto durante le fasi fredde quando i ghiacciai fornivano ai corsi d’acqua grandi quantità di detrito.
Pertanto, dato il contesto geodinamico complesso, definire il quadro evolutivo del Montello non è semplice e richiede ulteriori approfondimenti. In ogni caso, il Montello presenta una serie di caratteri che stimolano riflessioni e che lo rendono importante laboratorio naturale di ricerca e di confronto interdisciplinare fra studiosi di scienze della Terra.